Vicia faba var. major

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Dublin Core

Title

Vicia faba var. major

Creator

Ester Temon

Scheda botanica Item Type Metadata

Specie botanica

Leguminose, o Fabaceae

Nome comune

Fava grossa

Etimologia

Dal latino classico vicia veccia, derivato da "vincire" legare, con riferimento ai viticci, oppure dal greco βικίον bikíon veccia, piccolo orciolo.

Ambiente

Attualmente le zone di maggiore coltivazione nel mondo sono l’Italia, la Germania e la Cina, mi adatta bene a diversi tipi di terreno. Quello che predilige, però, è quello argilloso, poiché in grado di trattenere molta acqua, cosa indispensabile per il corretto sviluppo della pianta.

Caratteri botanici

FUSTO - fistoloso, alto fino a 80-100 cm, di colore verde-grigiastro, con portamento eretto. Ha una sezione quadrangolare con l’interno cavo. Presenta numerose ramificazioni laterali.
FOGLIE - ellittiche, leggermente vellutate, alternate e paripennate, senza peduncolo.
FIORI - ascellari, di colore bianco con sfumature nere. Si fecondano solitamente in maniera autogama, ossia con il polline dello stesso fiore.
FRUTTI - appiattiti, grossi, i baccelli ne contengono dai 2 ai 10.

Usi

Le fave sono ricche di proprietà nutritive e povere di calorie, circa 80 kilocalorie per 100 grammi, e di grassi. Hanno un buon contenuto di proteine ed un ottimo contenuto di fibre, circa 7 grammi per 100 grammi. Le fibre aiutano a tenere pulito l’intestino sia dalle feci che dalle tossine. La ricchezza di nutrienti presenti conferisce alle fave proprietà utili alla salute: sono un alimento ipocalorico, povero di grassi e ricco di acqua, quindi adatto a chi deve perdere peso e mantenersi in forma, e aiutano a stimolare il senso di sazietà, grazie alla presenza di fibre e di proteine. Sempre grazie alle fibre, inoltre, le fave aiutano a contrastare la stitichezza. Per essere un piatto unico, devono essere accompagnate da un piatto di cereali. Aiutano a contrastare la sintomatologia presente nei malati di Parkinson ossia tremori, difficoltà e rigidità nei movimenti. In un studio, infatti, è stato dimostrato come il consumo continuo di fave in soggetti con morbo di Parkinson, aumenti i livelli plasmatici di L- DOPA, un precursore della dopamina, un neurotrasmettitore usato come farmaco d’eccellenza nel trattamento del morbo di Parkinson. I soggetti coinvolti nello studio hanno avuto un miglioramento anche delle prestazioni motorie. Inoltre il consumo di fave, sia prima che durante la gravidanza, contrasta la carenza di acido folico, di cui sono ricche, fondamentale per la crescita e lo sviluppo neuronale, per cui una sua carenza predispone al rischio di malformazioni nel feto, irreversibili, come la spina bifida.
La presenza di fibre nelle fave diminuisce l’assorbimento del colesterolo e quindi i benefici si estendono a tutto l’apparato cardiovascolare, prevenendo la formazione delle placche aterosclerotiche e, di conseguenza, allontanando il rischio di patologie come infarti e ictus. Le fibre aiutano anche a stabilizzare i livelli di glicemia, prevenendo i picchi glicemici dopo i pasti, quindi il loro consumo risulta utile (sebbene in misura moderata) nei soggetti con resistenza all’insulina.
Il buon contenuto di potassio delle fave permette di contrastare la ritenzione idrica, favorendo la diuresi. Questo ha un effetto positivo sia per chi soffre di pressione alta, in quanto, eliminando l’acqua in eccesso, la pressione di abbassa, sia per soggetti con l’inestetismo della cellulite, causata soprattutto da una tendenza eccessiva ad accumulare liquidi. Per favorire lo smaltimento dei liquidi è necessario bere tanta acqua, privilegiando un’alimentazione ricca di verdure e povera di grassi.

Le fave si possono gustare crude o cotte, fresche o secche. Le fave crude fresche devono essere acquistare quando il baccello è fresco cioè ha un colore vivido ed è ‘croccante’ al tatto. Una volta acquistate si possono conservare in frigorifero qualche giorno, ma diventano dure se lasciate troppo, quindi si consiglia di consumarle il prima possibile.
Possono essere consumate con la pasta o con altri cereali come il farro integrale o il riso. Possono essere mangiate come zuppa o fredde in insalata. Frullate possono essere utilizzate per preparare dei burger vegetali o delle polpette vegetali o delle vellutate. Si usa anche la purea di fave al posto della classica purea di patate. Un ottimo antipasto conosciuto ai più è quello con fave e pecorino: si procede tagliando a dadini il formaggio e lo si unisce alle fave sgusciate, per poi condire il tutto con olio sale e pepe. Le fave secche invece si possono consumare durante tutto l’arco dell’anno. Prima di cucinarle vanno tenute in ammollo. Se hanno la buccia i tempi di ammollo sono piuttosto lunghi e generalmente sono di 18/20 ore, mentre se non hanno la buccia i tempi di ammollo si riducono a 7/8 ore. Una volta terminato l’ammollo, vanno cotte per circa 2 ore in acqua.
Con le fave è possibile anche creare una farina, semplicemente tostandole e poi tritandole. La farina di fave è un prodotto naturalmente senza glutine e la si può utilizzare negli impasti di pane o pasta mischiata ad altre farine (nella misura del 10-15%).

Storia e leggende

“Di tutti i legumi la fava è regina, cotta la sera, scaldata la mattina” così recitava un antico detto popolare. Nella tradizione gastronomica del mese di Maggio e Giugno è immancabile sulle tavole o nelle prime escursioni primaverili il loro uso fresche.
Originaria dell'Asia, si dice si sia diffusa in Europa già durante l'età del bronzo e del ferro, sia a fini alimentari umani che animali, ma le testimonianze più importanti sono le numerose citazioni di epoca romana e greca, e la sua storia è un intreccio tra riti e pregiudizi.
Il primo a nominarla fu Omero nell'Iliade, Aristofane lo riteneva il cibo preferito da Ercole, noto sia per le fatiche, ma anche per essere un grande amatore. Nell’antica Grecia si riteneva che Cerere avesse donato ad una città dell’Arcadia i semi di tutti i legumi tranne quelli delle fave, cui era legata la superstizione di “albergare le anime dei morti”, credenza avvalorata anche da Pitagora. Secondo il matematico e i suoi seguaci infatti, le fave erano la porta dell’Ade, in quanto la macchia nera dei loro fiori bianchi rappresentava la lettera “Theta”, iniziale della parola greca Thanatos (morte). Inoltre questa pianta, dallo stele cavo privo di nodi, identificava una via d’uscita verso la luce per le anime dei sepolti. In un’epigrafe del VI sec. a.C. trovata in un santuario di Rodi, si consigliava ai fedeli, per mantenersi in uno stato di purezza totale, di astenersi “dagli afrodisiaci e dalle fave…”.
Diverse erano poi le opinioni avanzate sulla diffidenza verso le fave. Platone asseriva che ai pitagorici veniva proibito consumare questi ortaggi perché provocavano un forte gonfiore (causato dalla rapida fermentazione nella digestione dei legumi), nocivo alla tranquillità spirituale di chi cercava la verità. Inoltre alcuni studiosi ipotizzano che Pitagora fosse affetto da favismo, patologia rara che si presenta in soggetti carenti di un certo enzima e che è causa di gravi anemie.
Plinio esponeva così la sua tesi: “… si ritiene che [la fava] intorpidisca i sensi e provochi visioni”.
Altri autori Greci e Romani mettevano la propria attenzione esclusivamente sui sogni agitati fatti dopo una cena a base di fave, che interferivano con la regolare attività onirica ricollegata a presagi e comunicazioni con le divinità.
Ma se in alcuni testi le fave rappresentavano simboli negativi, nell’immaginario comune designavano i genitali femminili (baccelli aperti), e i testicoli maschili (fave). Alle feste romane dedicate alla dea Flora, protettrice della natura in germoglio, come auspicio e prosperità veniva gettata sulla folla una cascata di fave
Erodoto riferisce invece che i sacerdoti egiziani non potessero mangiare le fave in quanto considerate cibo impuro. Nella storia le fave furono anche utilizzate nelle elezioni dei magistrati, come mezzo di calcolo, suddivise in bianche e nere. Solo così venne a decadere l'ordine di astenersi alle fave, in quanto per Plutarco rinunciare ad esse voleva dire astenersi dal voto.
Diverse sono le ricette proposte da Apicio nel "De Re coquinaria"con questi ortaggi, che nel Medioevo divennero abitudine delle classi più povere.
Con il Rinascimento le qualità afrodisiache di questo legume ebbero citazioni prestigiose. Il Platina scriveva: “…le fave gonfiano il ventre e stimolano la lussuria, cosicché non a caso i Greci dicevano che esse assomigliano a testicoli”.
Il Machiavelli evidenziava invece le virtù corroboranti delle fave nella sua commedia Clizia, basata sull'amore del vecchio Nicomaco per una giovane schiava, facendo scegliere al settantenne un particolare menu prima dell’incontro carnale:
“… io cenerò poche cose ma tutte sustanzievoli, in prima un’insalata di cipolle cotte; dipoi una mistura di fave e spezierie…”.
Recenti studi scientifici hanno identificato nelle fave la presenza di principi attivi che oltre a favorire lo sviluppo della dopamina, avrebbero il potere di risvegliare il desiderio e l’attività sessuale, facilitando la vasodilatazione e ritardando l’eiaculazione.

Riferimenti

http://www.alimentipedia.it/fava.html
https://www.viversano.net/alimentazione/mangiare-sano/fave-proprieta/
https://www.giardini.biz/piante/ortaggi/fava/
http://www.uniba.it/ateneo/facolta/agraria/offerta/materiale-didattico/materiale-di-produzioni-erbacee-e-qualita-delle-materie-prime-prof.-montemurro/fava.pdf

Collection

Citation

Ester Temon, “Vicia faba var. major,” __Cosmic_Noise__e-learning_for_science__, accessed May 2, 2024, http://www.cosmicnoise.it/o/items/show/620.